L’immigrazione in Italia è ormai divenuta un fenomeno strutturale, eppure nel discorso pubblico politico e mediatico se ne parla prevalentemente ancora in termini allarmistici, culturalisti o, nella migliore delle ipotesi, sottolineandone l’utilità per la nostra economia. Di migranti come cittadini e della loro partecipazione politica e sociale, invece, si sente parlare ancora ben poco.
In Italia i cittadini stranieri residenti hanno superato quota 5 milioni (8,3%), di cui gli stranieri non comunitari, quelli che nell’immaginario collettivo sono percepiti come i “veri stranieri”, sono circa 3,5 milioni (5,8%). La nostra comunità è già un caleidoscopio di nazionalità, ma sembra che non vogliamo vederlo e, soprattutto, ammetterlo. Siamo un melting pot inconsapevole. È evidente che non possiamo continuare a far finta di nulla pensando di chiudere i nostri confini o riponendo nelle sole espulsioni dei clandestini la soluzione dei problemi.
Da un lato, le forme di inte(g)razione sperimentate sui territori, pur faticose e complicate, che hanno fatto compiere passi in avanti su questi versanti: all’interno delle scuole, nello sport, nelle parrocchie, i matrimoni misti, gli anziani con le badanti. Forme di micro-integrazione che generano momenti di reciproca conoscenza e aiutano la convivenza. Dall’altro, nel discorso pubblico e politico assistiamo a una regressione totale. Così che appare un’Italia venata di orientamenti contrari ai migranti, quando non di razzismo o di xenofobia.
L’Italia presenta le più alte percentuali di partecipazione tra gli immigrati alla vita civica: a Milano il 18,6% è iscritto al sindacato (contro il 5,5% della popolazione locale); a Napoli il 3,2% dice di essere iscritto a un partito politico, in linea con la media nazionale che è del 3,7%, ed è Napoli la città europea dove gli immigrati hanno una maggiore conoscenza (più dell’80%) delle organizzazioni di immigrati. (ricerca Immigrant Citizens Survey). Circa 2 milioni, tanti sarebbero i non comunitari potenziali soggetti di cittadinanza attiva, cittadini in attesa di partecipare alla vita politica e sociale del Paese in cui vivono.
Nella società globale delle migrazioni diritti sociali e diritti di partecipazione non possono essere legati solo a nascita e nazionalità, perché le migrazioni, creando società segnate dalla convivenza di persone provenienti da più paesi, mettono in discussione, in movimento, in cambiamento l’organizzazione del sistema-mondo dei singoli stati nazionali. Di conseguenza diventa urgente risolvere il problema di come garantire forme di espressione agli immigrati che vivono stabilmente in un paese, anche attraverso l’accesso al voto, inteso come strumento di partecipazione alle decisioni politiche e di visibilità sociale.
Si tratta dunque di andare oltre le forme di partecipazione fin qui sperimentate (consulte e consiglieri aggiunti) le quali, se hanno consentito una certa visibilità ai migranti e ai loro problemi, non hanno mai valicato i limiti di una mera presenza consultiva, priva di diritto di voto.
Come è noto, diverse proposte di legge sono sul tavolo – ultima quella elaborata da 18 tra associazioni ed enti cattolici, tra cui le ACLI, impegnati nell’ambito delle migrazioni – ma la questione non è semplicemente tecnica, ma investe una visione più ampia, un diverso orizzonte “di civiltà”.
Per un’analisi di prospettiva efficace e matura, andrebbe però evitata qualsiasi forma di allarmismo: anche quelle semplicemente culturali. Dinanzi, ad esempio, alla presenza crescente di immigrati in Italia e in Europa, è legittimo preoccuparsi della difesa delle proprie tradizioni e della propria identità, tenendo conto però che esse si difendono vivendole in piena coscienza, non conculcando le identità altrui. Dagli incontri tra popoli diversi, storicamente parlando, sono sempre scaturite nuove sintesi. I ‘barbari’ orientali e germani non hanno forse ‘meticciato’ l’impero romano, fra il I e il V secolo? Ne è nata la splendida Europa, delle cui radici noi viviamo. Non c’è pertanto serio motivo di preoccuparsi per il rischio di un meticciato europeo, come invece sembrano pensare e affermare, in modo ottuso, alcuni.
La nostra società ha bisogno di confronto franco, di dialogo sereno e della libertà di tutti. Il gridare che Annibale è alle porte può essere elettoralmente proficuo, ma è civicamente pericoloso,arcaico e irresponsabile.
Eugenio Mastrovito
ACLI Salerno – Area Immigrazione